Alla scoperta della Calabria Angioina: Altomonte, Rossano e Gerace.

Cari lettori,

oggi voglio raccontarvi di alcuni luoghi meravigliosi che la mia terra, la Calabria, custodisce.

Questi luoghi non solo furono caratterizzati dalla presenza di diverse dominazioni di popoli arrivati da ogni dove,  ma in particolare furono trasformati in maniera rilevante dalla dinastia degli Angiò.

Spesso si sente parlare di questa terra come culla della Magna – Grecia, come terra tanto amata dai Normanni e dagli Svevi…del periodo Angioino si sente parlare molto meno, invece è proprio durante quel periodo che la Calabria, come la città di Napoli, furono in fermento per le grandi trasformazioni culturali attivate con i re angioini. In particolare Altomonte, Rossano e Gerace furono segnati dal passaggio degli Angioini in Calabria. Questi nuovi dominatori arrivarono dalla Francia nell’area meridionale e portarono una serie di novità.

Infatti, Carlo I d’Angiò, dopo aver sconfitto gli Svevi con le battaglie di Benevento (1266) e di Tagliacozzo (1268), spostò la Capitale del Regno da Palermo a Napoli. La città Partenopea si trasformò così in un laboratorio attivo per pittori, scultori e architetti, questo perché feudatari, artisti e opere francesi, giunsero nel territorio e ne modificarono il contesto culturale.

Di conseguenza anche la Calabria, risentì della presenza di questi artisti francesi, che a loro volta furono influenzati dai maestri locali i quali, nelle loro opere cercano di imitare i maestri d’oltralpe.

Altomonte, uno dei migliori esempi di arte angioina in Calabria

Inizieremo questo itinerario culturale da Altomonte, uno de “Borghi più Belli d’Italia” e sede dell’Associazione “Città del Pane”Altomonte era conosciuta dai Romani con il nome di Balbia rinomata per il pregiatissimo vino, il balbino

Attraversando tutta la vallata che conduce fino alla parte alta del paese è possibile notare questa tradizione del vino che è ancora molto attuale.

Una volta giunti in Piazza Costantino Belluscio, si riesce ad apprezzare un panorama da togliere il fiato. Si vede il Lago del Farneto, un piccolo bacino artificiale, realizzato nei primi anni 2000 come lago adibito alla pesca sportiva. Questo luogo è circondato da un fitto bosco di Farnie, da cui la località prende il nome. Non distante dalla piazza, si comincia un percorso che conduce verso il Municipio di Altomonte, situato all’interno dell’ex convento dei Minimi e accanto, si trova la Chiesa dedicata al Santo Protettore della Calabria, San Francesco da Paola.

La Chiesa di Santa Maria della Consolazione ad Altomonte

Attraversando i vicoli del borgo di Altomonte si raggiunge la Torre dei Pallotta, torre di avvistamento di epoca normanna che fu abitata dalla famiglia dei Pallotta ed infine, si arriva in Piazza Tommaso Campanella.

La piazza è caratterizzata dalla presenza della Chiesa di Santa Maria della Consolazione, massima espressione dell’arte angioina in Calabria.

La chiesa fu costruita per volere di Filippo Sangineto, primo Conte di Altomonte e siniscalco di Provenza dal 1330-43 nel posto dove sorgeva la chiesetta Normanna di Santa Maria de’ Franchi o Franchis.  

La chiesa presenta ancora oggi un meraviglioso portale e un rosone che ricordano le chiese gotiche francesi di quel periodo. Filippo Sangineto fu un personaggio molto importante per la storia di questo borgo. A quei tempi, fece numerosi viaggi ad Avignone e secondo gli storici, fu proprio lui a commissionare il portale della Chiesa ad un lapicida francese. 

Filippo si fece promotore dell’arte e del bello, fu committente di importanti opere che nessuno in Calabria aveva mai ordinato e che attualmente sono conservate nel Museo Civico.

Il Museo Civico di Altomonte

Il museo è ospitato negli ex locali del convento dei Padri Domenicani e fu inaugurato solo nel 1980. All’interno del museo si conservano importanti capolavori come il San Ladislao realizzato dal famoso pittore e miniatore senese Simone Martini. 

Sono presenti anche due tavole di Bernardo Daddi, allievo di Giotto e le due Lastre Alabastrine della prima metà del XIV secolo importate dalla Francia, la Madonna delle Pere di Paolo di Ciacio, allievo del grande Antonello da Messina e altre opere ancora appartenute ai domenicani. 

Sarebbero ancora altre le cose da approfondire in questo splendido luogo, ma continuiamo a scoprire quei borghi che videro nel contesto storico importanti mutamenti grazie agli Angiò. 

Rossano: la “Ravenna del Sud”

Lasciamo la Valle dell’Esaro e continuiamo il nostro viaggio sulla Costa degli Achei, in particolare saliamo verso quella montagna Santa per apprendere la storia di Rossano, la Ravenna del Sud“, “la perla bizantina della Calabria o “la Bizantina”. 

Il sito di Rossano conobbe una frequentazione sin dall’età protostorica; lo attestano i reperti ritrovati in una necropoli rinvenuta in località Bucita. 

Dopo la fine dell’impero romano d’Occidente, fu uno dei centri religiosi bizantini più importanti della Calabria. Fu l’unica città del sud a resistere alle incursioni degli arabi (devastatori in Calabria) e a non essere mai conquistata dai saraceni della Sicilia.

Un centro militare sicuro che ospitò monaci e i più alti dignitari della corte di Bisanzio. Nel 951 Rossano divenne la capitale dei possedimenti bizantini in Italia e questo fu il momento di massima fortuna per la città.  Vi nacquero diversi papi come Papa Urbano VII, il papa che ebbe il più breve pontificato nel corso della storia pontificia perché durò 12 giorni. 

Rossano diede i natali a santi, tra cui San Nilo (910-1004) il riformatore dell’ordine monastico Italo-greco, fondatore di numerosi monasteri, come quello di Grottaferrata alle porte di Roma, dove lui morì e San Bartolomeo, suo allievo e autore di una sua biografia sul maestro.

La visita del centro storico comincia da Piazza Santi Anargiri, adornata dalla statua di San Nilo, coprotettore della città che dà il benvenuto a tutti.  Continuando si percorre una stradina per raggiungere Piazza Steri, in cui si trova la fontana di San Nilo realizzata da uno dei più grandi scultori del novecento, Pericle Fazzini che rappresenta quando il Santo rossanese lascia la Calabria per dirigersi verso Roma.

La Cattedrale di Rossano dedicata alla Vergine Achiropita

 

Attraversando alcuni dei meravigliosi palazzi nobiliari, si raggiunge la Cattedrale dedicata alla Vergine Achiropita, che sorge sul sito in cui esisteva un antico romitorio. 

È noto che la cattedrale esistesse già nel XII secolo, infatti nel 1193 fu visitata dal re Tancredi e poi fu ingrandita nel XIV per interesse del re Roberto d’Angiò. 

La facciata, rimaneggiata dopo il terremoto del 1836, presenta  un campanile con una cupola del XIV secolo, di colore verde e con oro, su cui è raffigurato San Cristoforo, opera del XIX secolo. L’originario ingresso principale noto in città come la “porta Piccola” si trova sul lato orientale dell’edificio.

La cattedrale all’interno si presenta a tre navate, più una quarta aggiunta nel 1600, attraverso la quale si raggiungono quattro cappelle, tutte di impianto tardo-barocco. All’interno la chiesa si presenta impreziosita da meravigliosi marmi che decorano i pilastri delle navate. 

Secondo la storiografia, Roberto d’Angiò avrebbe elargito una consistente somma di denaro per l’ampliamento e la ricostruzione dell’ Episcopio e della cattedrale. Difatti, i recenti restauri degli anni ’50 e gli scavi degli anni ’90 ci hanno rivelato che il rifacimento angioino, non è stato un semplice ampliamento dell’edificio più antico, di epoca normanna e bizantina, ma una vera e propria ricostruzione della chiesa Cattedrale.

Su di un pilastro è custodito l’affresco bizantino della Vergine Achiropita, si racconta che “non fu dipinta da mano umana”. Si narra che apparve ad un bambino sordo muto durante i lavori di esecuzione delle pitture murali, e in quel momento la Vergine andò ad imprimersi su un pilastro della Chiesa e per tale motivo fu chiamata Achiropita, cioè “non dipinta dalla mano dell’uomo”. In seguito ci fu  il miracolo poiché il bimbo riacquisì l’uso della parola e dell’udito e andò a raccontare a tutti, ciò che aveva assistito in Chiesa.

Il Museo diocesano e del Codex

Lasciando questa meravigliosa Cattedrale di Rossano, ci dirigiamo all’interno del palazzo del Vescovo, dove è stato allestito un Museo Diocesano e Del Codex, dove si preserva una delle opere più importanti custodite a Rossano, il “Codex Purpureus Rossanensis”.

Si tratta di uno splendido Evangelario del VI secolo riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, portato in Calabria da monaci provenienti dall’Oriente. Molto probabilmente il Codex fu realizzato ad Antiochia da Siria e fu ritrovato in Cattedrale nel corso del 1800.

Il codice è tra i più prestigiosi al mondo perché conserva 15 miniature e due dei 4 Vangeli, quello di Marco e Matteo contenenti 188 pagine di pergamena purpurea.

Rossano è ancora oggi meta degli appassionati della cultura bizantina, che scoprono in questa città luoghi dal gusto orientale, come l’Oratorio di San Marco Evangelista, la piccola chiesetta della Panaghia, ma continuiamo il nostro viaggio nella parte più aspra della Calabria, nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte dove si ritrova il “Borgo delle 100 Campane”, Gerace.

Gerace, il borgo delle 100 Campane

Il nome pare sia legato ad un leggendario sparviero, hiérax in greco, che avrebbe guidato i Locresi nel VII sec. d.C, inseguiti dagli Arabi, a rifugiarsi verso la rocca. Per la sua particolare posizione Gerace divenne ben presto un centro di importanza eccezionale nella Calabria Meridionale.

La possibilità di controllare i traffici costieri, la sua particolare conformazione orografica che permetteva una naturale fortificazione, fece sì che divenisse oggetto di attenzione sia dell’Impero Romano che di quello Bizantino. 

La visita del borgo inizia con un allegro trenino che ci condurrà vicino la Piazza delle Tre Chiese ed in particolare concentreremo la nostra attenzione sulla Chiesa di San Francesco d’Assisi, riconosciuta monumento nazionale. 

La Chiesa molto semplice presenta una pianta a navata unica e vi si accede da un grandioso portale a triplice archivolto decorato con losanghe ed elementi fitomorfi, presumibilmente legato a botteghe siciliane con influenze arabe.

Alcuni studiosi come la Bruzelius e Spanò, hanno trovato dei confronti a livello architettonico con alcune chiese di Napoli. A Gerace, difatti, i francescani erano presenti già dal 1254 e, per vari problemi, questo edificio fu distrutto e ricostruito ex novo. 

Di questa chiesa esiste un unico documento che parla della ricostruzione avvenuta per opera di Carlo II d’Angiò nell’anno 1294. Nonostante questo, lo studioso Spanò pensa che l’edificio sia stato completato dal successore, Roberto I d’Angiò, perché ha delle linee molto essenziali e lineari che ricorderebbero la Chiesa di Santa Chiara a Napoli, con un’unica navata e di fondazione francescana.

Degno di nota è il meraviglioso arco trionfale in marmo intarsiato, databile agli anni sessanta del Seicento e realizzato per volontà del frate Bonaventura Perna. L’altare è decorato con formelle realizzate con marmi provenienti dalla vicina cava di Prestarona, che riproducono sia elementi fitomorfi che forme zoomorfe e paesaggistiche.

All’interno è custodito il sarcofago di Nicola Ruffo di Calabria, realizzato da maestranze provenienti da botteghe napoletane attive presso la corte angioina. 

 

La Basilica Minore di Gerace

Proseguendo per le vie del Borgo, si raggiunge Piazza Tribòna (Tribuna) delimitata da un lato dalla Cattedrale, sorta in un periodo compreso fra l’XI e il XII secolo, probabilmente sui resti di una chiesa bizantina. All’esterno l’imponente chiesa sembra essere una fortificazione, dalla quale fuoriescono due possenti absidi che ci permettono di entrare nella stessa.

La struttura è divisa in due parti distinte, una corrispondente alla cripta, con un sacello dedicato alla Vergine dell’Itria, di colei che indica la giusta strada verso la salvezza e l’altra, alla Basilica vera e propria.

La parte superiore costituisce la più grande Cattedrale di epoca Normanna in Calabria. con meravigliose colonne di rimpiego, alcune provenienti dall’Asia. Degna di nota è la Cappella dei Conti Caracciolo, che custodisce diverse reliquie.

Dopo aver ammirato la Basilica, ci spostiamo nel Museo Diocesano che preserva opere importantissime fra cui il preziosissimo Arazzo proveniente dagli opifici di Bruxelles-Brabant, e realizzato da Jan Leyniers (1630-1686) acquistato da un vescovo di Gerace nel ‘700. 

L’opera raffigura all’interno di un gran bosco, due giovani che si incontrano e si danno un abbraccio amichevole. Il meraviglioso Arazzo raffigura il Mito di Meleagro e Atalanta, ancora prima di cominciare la caccia del cinghiale calidonio. 

Un’opera straordinaria che testimonia come questo magnifico sia arrivato fin qui grazie alla lungimiranza del vescovi del passato. 

Uscendo dalla Chiesa Cattedrale di Gerace raggiungiamo Piazza del Tocco, per continuare lungo la via delle Bombarde e ammirare la Locride, un panorama unico, che racchiude secoli e secoli di storia.

Il nostro viaggio alla scoperta della Calabria angioina finisce qui, ma le nostre storie, i nostri racconti e le nostre leggende continueranno e vi faremo apprezzare sempre di più una delle regioni più belle d’Italia!

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Autore – Alessandra Scanga

Autore – Alessandra Scanga

Guida turistica e Founder di GuideInCalabria

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